Titolo: Palazzo Bozza
Autore: Non applicabile
Datazione: XIX secolo
Tipologia: Edifici storici - Residenze signorili
Provenienza: Barile, Provincia di Potenza, Basilicata,
Italia
Descrizione
A Barile, percorrendo via Caracciolo, si incontrano diverse abitazioni signorili di epoca tardo-ottocentesca, un tempo appartenute a famiglie provenienti da altri centri che hanno arricchito il panorama sociale ed economico del borgo. Tra queste, i Bozza giunsero da Santomenna, i Ferroni da Bella, i Frusci da Venosa, i Giannattasio da Giffone e gli Scotti da Troia. La costruzione di questi palazzi si rese necessaria in seguito al devastante terremoto del 1851, che costrinse a una ricostruzione diffusa e a interventi di restauro per garantire la stabilità e la sicurezza degli edifici. Oggi, queste residenze sono passate di proprietà, assumendo i nomi di nuovi eredi, ma conservano ancora la memoria di chi vi ha abitato e lasciato un segno nella storia locale. In queste dimore vissero personalità che si distinsero nel campo delle lettere, del diritto e delle professioni.
Uno dei personaggi più illustri di questa comunità fu Giovanni Antonio Bozza. Nato a Santomenna nel 1777, si trasferì a Barile nel 1804, paese d'origine della madre Nicoletta Iacenda, in seguito al matrimonio con Giovanna Ferroni. La sua carriera lo vide ricoprire incarichi di rilievo: fu governatore baronale del comune di Castelnuovo nel 1798 e di quello di Calabritto nel 1800, entrambi feudi della potente famiglia Mirelli. Grazie alla sua competenza e alla stima di cui godeva, nel 1821 fu nominato Consigliere distrettuale di Melfi, ruolo che gli permise di contribuire attivamente all’amministrazione della giustizia e alla gestione del territorio.
Tre dei suoi sei figli proseguirono il percorso paterno, affermandosi in ambiti diversi, ma con un comune denominatore: la passione per il sapere e il desiderio di contribuire al progresso culturale e scientifico. Flaminio Bozza divenne dottore in utroque iure, letterato ed economista. Sebbene molte delle sue opere siano rimaste inedite, il suo lavoro intellettuale fu significativo: tra i suoi scritti si ricordano una Grammatica Filosofica, i Pensieri sulla moneta e un’opera sulla rettifica del corso del Tevere, con l’obiettivo di renderlo navigabile fino a Roma. Suo fratello Alessandro, anch’egli dottore in utroque iure, fu un raffinato poeta e letterato. Tra le sue opere figurano una raccolta di poesie e le Osservazioni filosofiche teologiche, oltre alla traduzione delle opere di Ocello Lucano e Timeo da Locri, due autori dell’antichità greca. Infine, il terzo fratello, Angelo Bozza, intraprese la carriera medica, distinguendosi anche come appassionato studioso di storia locale. La sua produzione scientifica e storica fu notevole: pubblicò prima una dettagliata monografia in due volumi dal titolo La Lucania – Studi storico-archeologici, e successivamente, nel 1889, Il Vulture ovvero brevi notizie di Barile e dei suoi coloni, un’opera che ancora oggi rappresenta una fonte preziosa sulla storia del territorio. Quest’ultima fu stampata a Rionero in Vulture, presso la Tipografia Ercolani, e testimonia l’interesse di Angelo per la riscoperta delle radici culturali della sua terra.
La storia di queste famiglie e dei loro esponenti più illustri dimostra come Barile sia stato, nei secoli, non solo un crocevia di culture e tradizioni, ma anche un centro di fermento intellettuale, amministrativo e scientifico. I loro contributi, ancora oggi, fanno parte del patrimonio storico e culturale del paese.
Occello Lucano
Occello Lucano (in greco antico: Ὄκελλος) è stato un filosofo pitagorico, presumibilmente nato in Lucania, nella Magna Grecia, nel VI secolo a.C. Le informazioni sulla sua vita sono limitate e derivano principalmente da fonti successive. Aristosseno lo menziona, insieme a un altro lucano di nome Ocillo, in un'opera conservata da Giamblico che elenca 218 presunti pitagorici; tuttavia, tale elenco contiene alcune attribuzioni errate e nomi derivati da tradizioni pseudopitagoriche precedenti.
A Occello Lucano è attribuito il trattato Sulla Natura dell'Universo (Περὶ τῆς τοῦ παντὸς φύσεως), ma si ritiene che si tratti di un'opera pseudoepigrafa, probabilmente composta nel I secolo a.C. In due lettere apocrife, Archita di Taranto menziona di aver parlato con i discendenti di Occello e di aver inviato quattro dei suoi libri a Platone; queste lettere sembrano essere state create per autenticare il falso trattato. Stobeo ha conservato un frammento del presunto Περὶ νόμου in dialetto dorico, ma l'unica opera attribuita a Occello che ci è pervenuta è un breve trattato in quattro capitoli, in dialetto ionico, noto come Sulla Natura dell'Universo. In questo scritto, si sostiene la dottrina secondo cui l'universo è increato ed eterno.
Nonostante la dubbia autenticità delle opere a lui attribuite, Occello Lucano è considerato una figura significativa nella tradizione filosofica pitagorica e ha influenzato il neoplatonismo e la filosofia successiva attraverso i commentatori tardoantichi.
Timeo di Locri
Timeo di Locri (V secolo a.C.) è stato un filosofo, astronomo e giurista greco antico, appartenente alla scuola pitagorica. La sua figura è principalmente nota attraverso il dialogo "Timeo" di Platone, dove appare come un personaggio che discute la natura dell'universo e dell'anima.
Secondo la tradizione, Timeo sarebbe stato un aristocratico di Locri Epizefiri (l'odierna Locri in Calabria), che avrebbe ricoperto importanti cariche pubbliche nella sua città natale prima di trasferirsi ad Atene. Tuttavia, le informazioni storiche concrete sulla sua vita sono scarse e spesso basate su fonti secondarie.
Nel dialogo platonico, Timeo presenta una cosmologia in cui l'universo è creato da un Demiurgo che plasma la materia secondo modelli matematici e armonici, riflettendo i principi pitagorici di ordine e simmetria. Questa visione ha influenzato profondamente la filosofia successiva, in particolare il neoplatonismo.
Fonti e Riferimenti Bibliografici
Bozza, A. (1875). La Lucania – Studi storico-archeologici. Rionero in Vulture: Tipografia Ercolani.
Bozza, A. (1889). Il Vulture ovvero brevi notizie di Barile e delle sue colonie. Rionero in Vulture: Tipografia Ercolani.
Bronzini, G. B. (1974). Tradizioni e cultura degli albanesi d’Italia. Roma: Bulzoni Editore.
Chiaffitella, G. (2012). Palazzi storici e architettura signorile in Basilicata. Bari: Laterza.
Resta, A. (2005). L’immigrazione albanese in Basilicata: il caso di Barile. Soveria Mannelli: Rubbettino Editore.
Strazza, M. (2017). Gli arbëreshë di Basilicata: storia, cultura e identità. Potenza: Edizioni Magister.
Volpe, F. P. (1995). Feudi e signorie nel Vulture-Melfese tra XVI e XIX secolo. Galatina: Congedo Editore.
Pietrafesa, F. L. (a cura di). (s.d.). Qui Barile. Vatra Arbëresh.
Sitografia
Codice identificativo: BARL-017